BET NO@H

Il progetto Bet Noah nasce dall’esperienza famigliare dei coniugi Fabio e Rosi, venti anni di vita coniugale vissuti nella canonica della chiesa medioevale di Castelguelfo in provincia di Parma.

Il pensiero progettuale prende forma in seguito alla rielaborazione dell’esperienza maturata nei primi quindici anni di accoglienza, riflessione posta alla luce del testo biblico. L’intensa esperienza, associata agli studi teologici e alla lingua ebraica, meditati attraverso la preghiera del salterio, hanno di fatto posto le origini ad una idea progettuale che si sarebbe concretizzata nei dieci anni successivi.

La riflessione sulla Parola rilevava come elemento base il ruolo dell’uomo nel creato ordinato, aspetto evidenziato nella parola “custode” (vds “shomer” all’allegato 1), elemento che compare in Ge 2,15. Una visione in cui l’uomo non è posto quale dominatore del creato ma come protagonista – custode di un bene di cui ne dispone l’uso senza esserne il legittimo proprietario.

L’idea si è concretizzata nell’autunno 2004 – estate 2005 con l’acquisto in usufrutto dell’immobile Case Burattini, ubicato in Santa Lucia, frazione del Comune di Medesano (PR), (podere con 8 ettari di terreno) e con l’elaborazione del presente piano progettuale.

Per la definizione dello stesso si è cercato un nome che contenesse i fattori principali caratterizzanti gli intenti dell’Associazione ed allo stesso tempo che esprimesse le finalità e gli obiettivi dello Statuto.

Il termine BET NOAH è costituito da due parole appartenenti alla lingua ebraica il cui significato letterale è:

Casa di Noah o Casa dell’accoglienza e del ristoro = luogo familiare in cui Dio e l’uomo si ritrovano (dopo il diluvio) su una terra rinnovata nella nuova alleanza: l’arcobaleno”

Bet:

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Bet è la seconda lettera dell’alfabeto ebraico, l’equivalente alla lettera B del nostro alfabeto, secondo l’interpretazione ebraica ogni lettera dell’alfabeto è un vettore di energia e di luce divina, che agisce sulla consapevolezza umana in un triplice modo:

tramite la forma (vista), il nome (udito) ed il valore numerico (intelletto).

L’alfabeto ebraico riunisce un insieme di insegnamenti profondi ed ineguagliabili, racchiusi nella triade: vista – udito – intelletto.

Ogni lettera è staccata dall’altra come un individuo, ma necessita di unirsi, di mettersi accanto all’altra, per poter formare una parola cioè avere e dare significato.

Come forma la lettera Bet è un recipiente chiuso dai tre lati (alto, basso e destro) e aperto dal lato sinistro da dove, secondo la Cabalà, provengono le forze negative;

la Bet ( ב ) è aperta a sinistra per dare la possibilità al male di esistere e quindi anche alla libertà di scelta: se non ci fosse un principio negativo, non potremmo conoscere ed esperimentare la ricchezza infinita del lato positivo.

Nella casa si possono incontrare tutte queste realtà perché nello stesso termine casa la persona può trovare: accoglienza, tenerezza, calore, protezione amore, dialogo, positività, oppure la persona può esperimentare forze negative (apertura a sx da dove proviene il male): non accoglienza, non amore, non dialogo, negatività.

Per il progetto Bet Noah la casa è per sua natura ambiente garante della vita. L’esperienza della Comunità di tipo famigliare (prima dell’affido famigliare) ci ha portato alla conclusione che “ogni bambino, individuo, ha in sé il seme della vita che necessita di “sbocciare” in un terreno favorevole alla crescita della persona.

Nel caso del Progetto l’accentuazione sulla casa ed il nome stesso dell’Associazione “Famiglia Aperta”, vogliono sottolineare come l’esperienza dell’accoglienza fatta nella casa, nella famiglia che accoglie, si apre poi necessariamente all’altro che abita nella stessa grande “Casa” che è il mondo in cui sono viventi anche piante ed animali.

Da questo la scelta del termine:

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Noah:

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Il significato ebraico del termine richiama alla consolazione, alla sosta, ad uno stacco dalla tensione del quotidiano, ad un “riposo”.

Noah quale traghettatore dell’umanità verso nuovi approdi, l’uomo che apre le porte della speranza per la stirpe umana, l’uomo che trova grazia agli occhi di Dio (Ge 6,8), l’uomo depositario dell’alleanza tra Dio e l’umanità.

Noah, espressione del “riposo” di Dio, assume così il ruolo dell’archetipo della speranza, di colui che custodisce in primis la famiglia (Ge 6,18 – 8,16 – 8,18) e quindi gli altri esseri viventi (Ge 6,19 – 8,17 e 8,19).

In quest’ordine cosmico Noah diventa espressione di custode della famiglia e degli esseri viventi alla sequela del creatore (Cosmoteandria). Da questa espressione ne consegue un’idea di progetto che ricollochi la famiglia nella sua centralità ed essenza, quale elemento fondamentale per la custodia del genere umano (in ogni fase della vita), e attraverso i suoi comportamenti virtuosi un modello di tutela per tutti gli esseri viventi. Questo aspetto rinnova il ruolo del “custode”, così anche la famiglia diventa pensiero per il futuro, idea che si fa realtà, capace di progettare il futuro sostenibile, una prospettiva in piena armonia dove vita ed ambiente si fondono in un ordine che si auto rigenera in pieno equilibrio.

Il settimo giorno, il giorno del riposo, è il giorno di Noah, è il grande ed infinito giorno che introduce l’enorme respiro della possibilità del cambiamento, “facendo memoria delle radici” per custodire ciò che nella tradizione è valido e nello stesso tempo proporre un’alternativa costruttiva.

Noah è anche il capostipite della nuova creazione, è l’uomo che accettando il volere di Dio, ha lavorato, costruito una casa, l’Arca, affinché l’uomo e ed il regno animale potessero continuare a vivere. Nella creazione, il cosmo è affidato all’uomo affinché lo custodisca e lo “governi” (in termini di custodia) permettendogli di espandere e moltiplicarsi.

Dopo il diluvio, è Noah il capostipite della civiltà, egli nell’arcobaleno accoglie il paradigma e l’icona della molteplicità e della diversità.

Quindi in questa grande casa che è l’arca, simbolo di soccorso e di aiuto, l’uomo trova “ristoro” con tutto il creato piante e animali, perché il contatto semplice e genuino con la natura lo fa sentire parte integrante di essa, signore della sua salvaguardia e del suo patrimonio.

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