Partendo dall’evidenza che ogni persona, che si riconosca o meno, è ospite del pianeta terra per un tempo finito, a prescindere che lo stesso disponga a suo piacimento di una porzione di spazio in cui può associare in maniera permanente e privatistica il proprio vivere. Quindi l’ospitalità riguarda in profondità ogni essere vivente, in quanto tutti ospiti, per questo motivo, l’ospitalità donata a qualcuno di alloggiare o di risiedere temporaneamente in un luogo, diverso dalla propria casa o dal proprio paese, dovrebbe divenire il sentimento comune di una umanità che si riconosce in un unico popolo al di sotto della volta celeste. In questa visione l’ospitalità diventa manifestazione di generosità, cortesia, o benevola tolleranza ed in questa prospettiva tra accolto e colui che accoglie si genera un vincolo di solidarietà, caratterizzato dallo scambio di cortesie, doni e saperi, in sintesi una cordiale generosità che alimenta uno scambio/confronto culturale generativo, che amplia le prospettive di pensiero.
Bet Noah è questo, con il termine accogliente intende dare profondità e prospettiva al messaggio di cui è portatore, in una prospettiva di crescita ed arricchimento per tutti, senza dare maggiore risalto o importanza tra chi dona e chi riceve. Il gesto dell’ospitalità diventa una sorta di danza intersoggettiva tra persone che ricercano il bene reciproco, attraverso la condivisione di saperi e competenze da mettere al servizio altrui, consapevoli che l’ospitalità diventa un veicolo potente per favorire ed agevolare ogni sorta di scambio, fisico, umano e spirituale.
Nel suo tracciato progettuale e pratico, il progetto Bet Noah offre ospitalità a numerosi gruppi di persone in visita al villaggio (gruppi di famiglie, scout, scuole, giovani, parrocchie, associazioni, aziende, tecnici), forti della prospettiva che tutto ciò che viene condiviso rigenera speranza ed aumenta il rapporto di fiducia tra coloro che ne sono coinvolti.